La crisi sanitaria e le sue conseguenze sulle modalità di lavoro, come la limitazione degli spostamenti e la generalizzazione del lavoro ibrido, hanno costretto le aziende ad accelerare la loro trasformazione digitale e ad aumentare il loro interesse verso la firma elettronica. Quest’ultima costituisce oggi lo strumento definitivo che permette loro di digitalizzare completamente le loro transazioni e i loro scambi e di trarre tutti i benefici in termini di tempi, flessibilità, cibersicurezza e di riduzione dei costi. In altre parole: la firma elettronica ha tutte le possibilità di occupare un posto sempre più grande negli anni futuri. La prova con queste quattro tendenze principali sul mercato della firma a distanza nel 2022.

La democratizzazione progressiva degli usi della firma elettronica

Storicamente, la firma elettronica è utilizzata soprattutto nei settori che fanno della sicurezza degli scambi una sfida importante. Si tratta quindi di una pratica comune nei settori delle banche, della finanza, del diritto, del commercio e delle risorse umane. A titolo di esempio, più del 40% dei professionisti del settore hanno adottato la firma online, usandola sia per i verbali dei tribunali, sia per gli atti autentici (fonte: Challenges).

Per la pandemia la firma elettronica si è affrancata da questa immagine eccessivamente «tecnica» che aveva addosso. In una parola: si è democratizzata, innanzitutto per necessità e poi in ragione dei suoi numerosi vantaggi. Nel 2020, nel giro di qualche settimana, il mercato della firma elettronica è aumentato del 25%, secondo Forrester: (fonte: Journal du Net), raggiungendo nuovi settori come quello immobiliare, turistico, della grande distribuzione e persino quello del mondo associativo. Per Markess by Exægis, questa curva ascendente dovrà divenire esponenziale: la società di studi indipendente stima che l’87 % delle aziende avrà adottato una soluzione di firma elettronica entro il 2023.

Le disposizioni del regolamento eIDAS rese più flessibili per la firma qualificata

Nel mondo della firma elettronica, la firma «qualificata» rappresenta il massimo livello di sicurezza previsto dal regolamento europeo eIDAS. Il suo utilizzo è però quanto meno complesso: richiede l’ottenimento preliminare di un certificato elettronico qualificato, messo a disposizione da un fornitore di servizi di fiducia presente in una trust list europea, rilasciato al richiedente tramite un supporto fisico.Una difficoltà che frena il ricorso a questo livello di firma, nonostante i suoi numerosi vantaggi.

Le cose sono tuttavia destinate a cambiare e in meglio. L’aggiornamento del regolamento eIDAS prevede per il prossimo autunno di ridefinire le esigenze relative all’uso di una firma elettronica qualificata, in particolare di smaterializzare completamente il suo uso (che segnerà la fine del supporto fisico, oggi ancora obbligatorio). Questi cambiamenti avrebbero come conseguenza di facilitare l’applicazione della soluzione mantenendo però tutto quello che la rende indispensabile: solide garanzia tecniche, giuridiche e di sicurezza. Questo dovrebbe, in base alla logica, eleminare tutti i limiti al suo impiego e convincere un numero sempre maggiore di attori del mercato a implementarla.

Un mezzo sempre più affidabile in materia di cibersicurezza

La firma a distanza dei documenti porta il suo carico di preoccupazioni. Perché i rischi di frode e di furto di identità sono ben reali. Nel 2021, un’azienda su quattro a subito una frode comprovata; un recrudescenza dovuta in parte alla generalizzazione del telelavoro (barometro Euler Hermes). Questo spiega la predominanza delle sfide legate alla sicurezza all’interno delle organizzazioni.

Tuttavia la firma elettronica, lungi dal favorire queste frodi, costituisce una protezione contro gli attacchi informatici di tutti i tipi. Infatti, uno strumento di firma online, per essere legale, deve poggiare su un sistema di codifica dei dati che permetta di garantire l’integrità dei documenti firmati. A questo occorre aggiungere la verifica dell’identità del richiedente prima del rilascio di un certificato elettronico, una verifica che per il livello di firma più elevato deve essere fatta di persona. Infine, la necessità per il firmatario di autenticarsi al momento della firma limita i rischi di furto di identità.

L’interesse crescente verso la firma elettronica in un contesto di lavoro ibrido

La pandemia non ha solo cambiato le modalità di lavoro: essa ha anche avuto un impatto sulle ambizioni di salario. Essa ha mostrato ai dipendenti che possono svolgere al meglio le loro attività quotidiane sia a distanza sia in ufficio e senza perdere in produttività. Al momento del ritorno alla normalità, sono dunque sempre più di più coloro che richiedono maggiore flessibilità (e autonomia) nella loro organizzazione e nei loro orari. Un paradigma, quello del «lavoro ibrido» che ha ottenuto una tale importanza da diventare un criterio di decisione a tutti gli effetti per i candidati all’assunzione.

In questo contesto, la firma elettronica costituisce un solido argomento a favore delle aziende, nella misura in cui queste completino il loro «passaggio agli strumenti digitali» e offrano ai dipendenti la flessibilità tanto desiderata…e non solamente per i salari. Poiché, in parallelo, le organizzazioni sono di fronte a un aumento inedito di freelance: saranno sempre più costrette a lavorare con professionisti indipendenti e dovranno proporre loro delle soluzioni adattate al loro modo di lavorare. Una ragione doppia per integrare la firma elettronica nei loro processi quotidiani!

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